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Una giornata tutta per me

  • Immagine del redattore: Saz
    Saz
  • 7 nov 2013
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 13 feb 2018

(Avvertenza: questo post potrebbe deprimervi o farvi preoccupare per me. Ma vi giuro che sto facendo un sacco di cose belle e non sono sempre così triste).

La vita di chi cerca lavoro è improbabile. L'unico impegno reale che ho quasi tutti i giorni è scrivere la rassegna stampa per Lettera43, che vuol dire svegliarsi alle 7 e avere finito alle 9 - e di conseguenza avere tutta una lunga giornata davanti. Ci sono diverse occupazioni cui dedicarsi. La prima sarebbe chiudere il pc e tornarsene a dormire - ma poi quando mi risveglio mi sento useless, quindi ormai sto sveglia.


L'altro giorno ho deciso di esplorare la nuova zona in cui ho affittato una stanza, Jericho, che poi sarebbe il quartiere più fighetto di Oxford, se così si può definire. Sono quindi andata a fare colazione da Branca, un bar che ha incorniciato un poster degli amaretti di Saronno della Lazzaroni. Ho preso un cappuccino e un pain au chocolate, seduta su una confortevole poltrona di pelle marrone. Tutto molto cool. Che figata Jericho. Poi sono andata a pagare e lo scontrino diceva: 5,30 pound. Per un cappuccio e un pain au chocolate. Ci sono rimasta male. Vivere nel quartiere fighetto ha un prezzo a quanto pare: mai più fare colazione fuori, ripiegare come al solito sullo yogurt alla fragola più economico che si trova al supermercato e una fetta di pane spalmata di marmellata alla bellèmeglio.

Sono tornata a casa, coda tra le gambe. Ho pulito un po'. Poi mi sono messa a inviare i quotidiani curricula in giro. Ho acceso i riscaldamenti di nascosto all'una, proibito prima delle 16 a quanto pare, che il gas è aumentato e un giorno mi scopriranno e sarò finita. Ho fatto la doccia, già che il bagno era meno ghiacciato del solito. Mi sono messa lo smalto. Mi sono annoiata.

Allora ho deciso di riprovarci, sono riuscita e mi sono infilata nel bar di fianco a Branca, il Jericho Café, molto più low profile. Mi sono seduta al tavolino di fianco alla vetrina, con un altro cappuccino e il mio pc. Ho inviato un altro curriculum, ho confermato l'ennesimo colloquio. Ho guardato. Fuori, dall'altra parte della strada, c'è un cinemino carinissimo, il Phoenix Picture House. Ho controllato che film proiettavano quel pomeriggio: Le Week-End. Parla di una coppia over 60s che va a Parigi per il 30esimo anniversario di matrimonio. Parla delle unioni logorate, del tentativo di cercare una nuova ragione per stare insieme. Che poi viene sempre fuori che è la stessa di prima. Che ci si ama, insomma. Ho pensato non valesse la pena di pagare 7 pound per vedere un film che, dopotutto, parla di problemi che mi sono così lontani. Io, che il ragazzo che sto frequentando mi stimola tutto fuorché l'innamorarmi, insomma. Che mi sento un mezzo ghiacciolo e vai a trovarlo qualcuno che mi infili nel forno per scongelarmi, come una pizza.

Poi davanti alla vetrina del café si è fermata una coppia di anziani. Mano tremolante nella mano tremolante. Leggevano il menù appiccicato sulla porta, in silenzio. Erano così vicini, dall'altra parte del vetro, eppure così, definitivamente, lontani da qualsiasi tipo di amore cui sono stata esposta nel corso della mia vita. Ovviamente mi sono messa a piangere. Lì, al tavolino del café, da sola, con la musica dei Passenger che riecheggiava per tutto il locale. Nessuno si è accorto di niente.

Io però sono uscita lo stesso e ho comprato il biglietto per vedere Le Week-End. Ho chiesto lo sconto studenti anche se una studentessa non lo sono più.

Erano le cinque di pomeriggio. Eravamo io e 20 pensionati. La mia prima volta al cinema da sola.

Il film è lentissimo. Dura 98 minuti. Ma alla fine è carino da vedere, suppongo realistico. Suppongo, perché non lo so. Alla fine due signore anziane sedute vicino a me stavano piangendo. Mi sono chiesta cosa gli avesse ricordato l'amore tra Jim Broadbent e Lindsay Duncan, nella pellicola. Forse il marito, a casa ad aspettarle davanti alla tivù. Forse l'uomo che avevano sposato e che è morto qualche anno fa, e sono rimaste vedove. O forse la consapevolezza che nella loro vita da zitelle non l'hanno mai costruito uno spazio ad un amore così.

Sono uscita e sono tornata a casa. Ho cenato da sola. Ho scritto al ragazzo che sto frequentando che no, quella sera non potevo vederlo. Sono andata a letto. Ho visto il video dei Kodaline, All I want, e mi sono rimessa a piangere.

Mi sono risvegliata il mattino dopo che la mia scorza era ancora più dura, sempre più forte, sempre più fiera. Che mi piace tantissimo scrivere articoli e lo voglio fare per sempre, che un altro lavoro per avere uno stipendio normale lo troverò, vedrai, che per intanto ora ho imparato benissimo l'inglese, mi sono detta.

Non mi andava di raccontarlo a nessuno. Ho preparato un caffé. Acceso il pc. Un'altra giornata tutta per me.


Originally published on my blog Gufi da Hogwarts, 07/11/2013

 
 
 

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