Step back, reset, go travelling
- Saz
- 29 mar 2017
- Tempo di lettura: 3 min
Originally published on 29/03/2017 on Letteradonna.it, © NEWS 3.0 S.p.A. via Garofalo 31, 20133 Milano - P.IVA 07122950962
Ciao, sono Sara, ho 30 anni e mi sono appena licenziata da un lavoro a tempo indeterminato per viaggiare: direzione Est, prima tappa India. Partirò con il mio fidanzato, Remy (che è un po’ inglese, un po’ americano e un po’ indiano): abbiamo risparmiato abbastanza soldi per stare via tre mesi, poi si vedrà.

L’idea un po’ irresponsabile di lasciare il lavoro per viaggiare liberamente zaino in spalla per me è una novità: non sono mai stata ribelle né avventuriera e ho sempre fatto del mio senso del dovere un vanto. Mi piace ponderare ogni scelta, amo organizzare tutto in anticipo, rischio solo quando non ho niente da perdere. Vivo in Inghilterra da cinque anni e come gli inglesi provo un segreto piacere nel rispettare le regole (e la fila agli sportelli). Negli ultimi dieci anni – i miei twenties, che tanto contribuiscono alla costruzione della nostra identità personale – non mi sono mai fermata un momento: da ogni progetto ne nasceva uno nuovo, ogni obiettivo raggiunto portava a quello successivo.
Poi un anno fa ho iniziato un nuovo lavoro che prometteva essere tutto quello che avevo sempre desiderato, nella città dei miei sogni, Londra: invece è successo che pochi mesi dopo avere messo piede nel nuovo ufficio, una parte di me ha capito che non era lì che voleva stare, dopo tutta quella fatica!
Ci sono rimasta male, me la sono presa con me stessa, con gli altri, e persino con Londra. Pochi mesi dopo è arrivato il tanto atteso quanto temuto compleanno: sono entrata nei dirty thirties con tante candeline da spegnere e l’inevitabile bilancio di vita da analizzare.
Mi sono seduta, mi sono guardata intorno e ho fatto un respiro: ero esausta. Mi è parso di avere scalato montagne per un decennio solo per arrivare in mezzo al vuoto siderale delle ambizioni. Per la prima volta da che ne avessi memoria, non vedevo niente davanti a me oltre quel lavoro che non mi soddisfaceva, non avevo un nuovo obiettivo da raggiungere, una prospettiva che non fosse ilsopravvivere ad altre otto ore in ufficio, giorno dopo giorno, per poi finalmente tornare a casa a imbambolarmi davanti a Netflix. Ho smesso di leggere libri, ho smesso di scrivere, ho smesso di sentirmi ispirata. Ho cambiato persino il mio modo di respirare: tuttora mando ossigeno al cervello tramite piccole boccate d’aria, così affannate che mi sembra di soffocare; semplicemente vegeto.
Ci sono voluti mesi di sofferenza per decidere di rischiare visto che ho tutto da perdere: ho mandato giù l’amaro del senso di colpa e ho deciso di licenziarmi e andare in pausa. Viaggerò liberamente, con leggerezza, senza itinerario prestabilito, e lo farò per liberarmi la mente.
Step back, reset, go travelling.
Non lo so se sto compiendo un suicidio professionale né se Remy sia l’uomo della mia vita. Parto perché voglio ritrovare l’ispirazione, sentirmi libera, ritornare a respirare a grandi boccate d’aria, essere di nuovo entusiasta di quello che faccio, e perché spero di lasciarmi alle spalle tanti timori e piccole manie personali. Parto perché ho deciso di diventare un’irresponsabile a 30 anni, magari non per sempre, giusto il tempo di farmi rimettere a posto dalla paura della libertà.
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