top of page

Ricomincio da me

  • Immagine del redattore: Saz
    Saz
  • 19 lug 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Originally published on 19/07/2017 on Letteradonna.it, © NEWS 3.0 S.p.A. via Garofalo 31, 20133 Milano - P.IVA 07122950962  

 


Avevamo prenotato un aereo per il 17 luglio, che ci avrebbe portato da Bali a Milano in 19 ore: non l’abbiamo mai preso. Come sapete, io e Remy abbiamo dovuto interrompere il nostro viaggiolibera_mente un mese prima del previsto volando in fretta e furia in Inghilterra. Neanche adesso che il 17 luglio è arrivato e passato, però, ci sembra che il nostro viaggio sia finito, anche se al momento lui se ne sta nella campagna inglese e io ho raggiunto mia mamma in villeggiatura a Ischia. L'estate europea e il tempo speso in famiglia, in un certo senso, compensano quell’ultimo mese di viaggio in Asia che entrambi aspettavamo col sorriso sulle labbra; quello in cui avremmo affittato una villetta sul mare del nord di Bali, un santuario del riposo in cui passare rassicuranti giornate tutte uguali, a pensare a tutto quello che ci avrebbe aspettato al nostro ritorno, a rilassarci e a iniziare a guardare al futuro.

Nonostante l’inaspettato cambio di scenario però, l’incognita di quello che sarebbe successo dopo il nostro viaggiolibera_mente reclama ora più che mai una soluzione. Per quanto mi riguarda, le domande che mi ero posta quattro mesi fa, quando mi sono licenziata e sono partita alla volta dell’India, sono sempre le stesse: quanto ci impiegherò a trovare un nuovo impiego? Riuscirò a conciliare nuovi e vecchi e sogni professionali? Tornerò a vivere in Italia o continuerò a starmene in Inghilterra, visto che sono ormai cinque anni che gli UK sono diventati la mia seconda casa? O, forse, troverò lavoro in tutt’altro posto, magari in uno di quei bellissimi Paesi che io e Remy abbiamo visitato negli ultimi mesi?

Lo ammetto: non dover puntare la sveglia al mattino presto per un po’ è stata una vera pacchia.

Lo dico consapevole del privilegio di poterlo affermare e anche del fatto che non mi sono annoiata 'a non fare niente tutto il giorno' solo perché negli ultimi mesi non ho dormito più di due settimane di fila nello stesso letto: è stato un viaggio all’insegna dello spostamento continuo. Tempo per annoiarsi ce ne è stato davvero poco. La difficoltà maggiore è stata piuttosto riuscire a godermi questa libertà improvvisa senza sentirmi in colpa. Non è passata settimana senza che il senso del dovere di cui sono stata nutrita fin da quando ero bambina non abbia fatto capolino nella mia testa e mi abbia redarguita: «Guarda che appena torni da questa avventura, come la chiami tu, o da questo colpo di testa, come lo chiamo io, ti devi impegnare a cercare un nuovo lavoro fisso il più in fretta possibile, sperando che qualcuno ti assuma! Con tutta la disoccupazione che c’è in giro…»

Non c’è stato un momento negli ultimi mesi in cui non mi sia sentita giudicata dagli altri per questa decisione e non mi sia giudicata a mia volta: ho buttato via un buon lavoro per esplorare il mondo e questo, nella società italiana contemporanea, è stato giudicato inaccettabile dai più.

Perché ho già 30 anni; perché ho solo 30 anni; perché sono una donna di 30 anni; perché sono una donna; perché non sono partita da sola ma col mio fidanzato, allora che viaggio di scoperta interiore è?; perché mi sono lasciata influenzare dal suo stile di vita da freelance che vive dove gli pare e gira tutto il mondo, insomma, l’idea di questo viaggio non sarebbe stata farina del mio sacco; perché invece di spendere parte dei miei risparmi in una lunga pausa professionale avrei piuttosto dovuto continuare a lavorare per investire, in futuro, in un immobile; perché è stato un suicidio di carriera; perché semplicemente non si fa così, la vita è fatta per lavorare e basta, anche se non ti piace quello che stai facendo, chi ti credi di essere? Chi più ne ha più ne metta, le ho sentite tutte.


È facile lasciarsi buttare giù di morale dalle critiche (soprattutto dalle autocritiche!). Eppure i commenti che mi sono rimasti più impressi da parte di amici e lettori di questa rubrica sono stati quelli di incoraggiamento. Dal giorno in cui ho annunciato di essermi licenziata da un lavoro che mi aveva trasformata in un’insoddisfatta 30enne lobotomizzata mi sono arrivati tanti messaggi di supporto e complimenti.



Quindi dico grazie a tutti quelli che mi hanno scritto che sono stata coraggiosa, che anche loro vorrebbero tanto prendere in mano la propria vita e cercare di cambiarla in meglio, che si sono sentiti in qualche modo ispirati dalla mia scelta, che hanno empatizzato con i miei dubbi e paure, e che mi hanno ringraziata per avere viaggiato insieme a me attraverso gli articoli pubblicati ogni mercoledì.

Questa rubrica, però, non è ancora finita. Dalla prossima settimana vi voglio raccontare, sempre sulle pagine di LetteraDonna, cosa succede al ritorno da un’esperienza di vita che tanti considerano irresponsabile, altri coraggiosa, certo in qualche modo liberatoria. Ora è il momento di rispondere a quelle domande che voi, insieme a me, avete posto quando vi ho detto che me ne andavo in sciopero del lavoro causa perdita dei sogni di gioventù, della motivazione, dell’ispirazione, della felicità. Adesso è tempo di bilanci e di azione.


Come per ogni fase della vita, quando si inizia ad annusarne la fine, ci viene spontaneo farne un bilancio: cosa ho imparato nei tanti Paesi che ho visitato negli ultimi quattro mesi? Dall’India a Bali, passando per Thailandia, Malesia e Singapore, ognuno di questi Stati mi ha lasciato l’ebbrezza di una corsa in motorino, la vista di un angolo di oceano, l’incontro con un personaggio curioso, il gusto di un sapore nuovo. Traccerò una bella riga tra le entrate e le uscite, e metterò ordine tra quello che mi resta in cassa: andrà aggiunto al mio curriculum professionale e a quello personale, insieme alla speranza, il realismo, la faccia tosta e la fortuna che ci aiutano ogni volta che – click – ci candidiamo a diventare quello che potremmo essere in futuro. Al lavoro, a casa e anche di notte, quando non possiamo che essere onesti con noi stessi e, al buio, ci guardiamo dritto in faccia.


Comments


bottom of page